Presa di posizione: No all’iniziativa «Sì al divieto di dissimulazione del viso»

Il «Burqa» è molto più presente nei media e nei dibattiti politici di quanto non lo sia nelle strade svizzere. Secondo uno studio recente dell’Università di Lucerna*, ci sono infatti al massimo 20-30 donne in Svizzera che portano il velo integrale. Introdurre un emendamento costituzionale a proposito di questo tema non è né sensato né adeguato. I codici di abbigliamento contraddicono i principi di una Svizzera cosmopolita e moderna.

La maggior parte di coloro che indossano il velo integrale, sono persone che attraversano la Svizzera nei mesi estivi, sono dunque turisti provenienti dall’Arabia Saudita e dalla regione del Golfo. Essi rappresentano un fattore economico nelle regioni turistiche e non costituiscono alcuna minaccia per la cosa pubblica.
Le due dozzine di donne con il velo integrale che vivono in Svizzera costituiscono una piccola minoranza all’interno della già minoranza musulmana. Lo studio di Lucerna sopra menzionato ha inoltre attestato che esse indossano questo abbigliamento volontariamente, mosse da una motivazione religiosa personale.

Nessuna minaccia

Questo numero esiguo di donne non forma un gruppo omogeneo, non è necessariamente riconducibile ad un’organizzazione ed è inoltre improbabile che le donne appartenenti a questa minoranza siano in contatto tra di loro. Lo studio menzionato ha dunque il potere di contraddire l’immagine comune delle «donne che indossano il burqa» che si è veicolata tra il grande pubblico e all’interno dei media. Oltre a questo, è importante ricordare che le donne che indossano il velo non si sono mai rese protagoniste di minacce o attacchi.

Codice di abbigliamento non necessario

Mostrare la propria faccia è, in certi casi, essenziale. A questo proposito, infatti, il controprogetto indiretto stabilisce che nel caso di procedure amministrative, lo stato possa pretendere la rivelazione dell’identità della persona. I codici di abbigliamento rappresentano una violazione delle libertà individuali e del diritto all’autodeterminazione. Non c’è dunque alcuna ragione plausibile per cui si possa imporre alle donne in Svizzera cosa indossare o meno.

Promuovere una società aperta

IRAS COTIS è a favore della diversità dell’espressione religiosa anche laddove essa risulti essere, agli occhi della maggioranza, sconcertante ed irritante, purché questa non leda nessuno e non limiti la libertà di altri individui.
IRAS COTIS attribuisce una grande importanza all’uguaglianza di genere e sostiene le misure per l’uguaglianza e la promozione dei diritti delle donne – nelle comunità religiose e nella società in generale.
Il «divieto del burqa» affronta un problema fittizio, che non esiste in quanto tale. Questa iniziativa, così come quella legata ai minareti, incita a coltivare sentimenti ostili verso l’Islam e i musulmani, ed espone al rischio che le posizioni radicali si rafforzino.
IRAS COTIS si impegna per la coesione, per la formazione di una società ricca di sfaccettature, aperta e plurale e respinge dunque categoricamente il divieto di indossare il velo integrale

* Andreas Tunger-Zanetti, Verhüllung. Die Burka-Debatte in der Schweiz, 2021